Belli e Indomabili
Di Alice Previtali
Fra quel che non potrebbe succedere e quel che succede spesso c’è una bella differenza, come il cammino del Novara FC che ora può rientrare, a tutti gli effetti, nel Pantheon delle grandi imprese. Una squadra accecante e dominante, come fosse un personaggio fantasioso che ha appena subito un morso radioattivo - o qualsiasi altra trasformazione genetica - e che sta imparando a gestire i suoi superpoteri usciti da chissà quale pertugio. Prima incerta, ora sorprendente, è diventata per le altre squadre imprevedibile tanto da diventare caos indomabile. Nell’imparare ad apprezzare il cammino, piuttosto che il posto di classifica che si occupa, il lavoro meticoloso e umano ha permesso di creare una complicità tale da ricordare che un obiettivo o un sogno, se non condiviso o individualista, ha vita breve.
In un gruppo di lavoro così unito ogni singolo talento emergerà per forza, come si è visto. Per fare degli esempi freschi, gli interventi di Boccia nelle ultime partite, ad esempio, a sfiorare il gol nell’incontro con l’Atalanta U23 o le sicurezze delle parate di Minelli. Nonostante un attacco ancora molto zoppicante, indipendentemente dalla scelta dell’ultimo giocatore, Corti e Donadio dimostrano di saper sfruttare l’occasione. Ma la potenza del gruppo e la forza di una squadra si rivelano proprio negli imprevisti, ad esempio quando in caso di assenza di un titolare risulta essere ugualmente competitiva. La gara scorsa in campo bergamasco ha visto l’assenza del regista “tutto fare” Ranieri, o in quella precedente contro il Mantova cui assente fu Calcagni, anch’egli per squalifica. Un paio di inghippi che hanno portato mister Gattuso a gestire la squadra con un altro sistema, un cambio di modulo (un 3-4-2-1) non solo per cercare di colmare mancanze decisamente importanti nel centrocampo (comunque ancora al sicuro con Urso e Di Munno), quanto di permettere alla squadra di poter essere ugualmente competitiva, in un team che non si aggrappa solo al top-player ma che in caso di defezioni riesce a raggiungere comunque buoni risultati. Una duttilità di pensiero dell’allenatore e una prontezza di adattabilità dei ragazzi che fa degli azzurri la testimonianza che il calcio non deve essere tutta improvvisazione ma ragionamento e che utilizzando la testa bisogna imparare a pensare. Un allenatore che sicuramente non lo smette di fare, forse l’unico momento di pace e tranquillità mentale è subito dopo una partita ma dal mattino dopo è sicuramente già proiettato a quella seguente, non ci si adagia mai. E in un paese di compromessi non lavora per compiacere nessuno, né i tifosi e nemmeno i giornalisti, né sceglie di conseguenza o per ricevere commenti favorevoli. Porta avanti la sua idea.
Sono partite belle da vedere, bisognerebbe diffondere la voce, così da riempire i seggiolini vuoti: belli da vedere i movimenti, gli automatismi e l’intesa dei difensori schierati a rendere la sfida impossibile per chi cerca di superarli. L’intesa del reparto difensivo coadiuvato dell’imprendibile Lorenzini, ben aiutato dal ritorno di Khailoti ma anche da un Bertoncini in splendida forma, ha anche permesso l’esordio del giovane Cannavaro in un muro azzurro che l’anno scorso ci sognavamo.
A guardare le ultime partite, pareggiate con due altisonanti squadre, viene da pensare che vincere è spesso il risultato di una concomitanza di fattori: lo studio, il lavoro, la preparazione, il cuore e non ultimo quello legato all’insondabile ruolo della fortuna. Meritare di vincere è già una grande vittoria e noi lo sappiamo bene.