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Con gli innesti del mercato di riparazione, il Novara FC potrà salvarsi senza disputare i play-out?
 


Il simbolo di Novara!


‘Ndua ‘Nduma: Livorno


Di Manuela Riboldazzi

Il Novara sarà la prima squadra a “testare” il nuovo mister dei labronici, Bortolo Mutti, subentrato mercoledì a Christian Panucci. Gli azzurri avranno un ostacolo difficile da superare e probabilmente dovranno dare il massimo delle loro energie per cercare di ottenere un risultato positivo allo stadio “Picchi” di Livorno: una delle tante trasferte di questa stagione che invoglia i tifosi del Novara a seguire la propria squadra per incitarla, con la speranza di tagliare un traguardo prestigioso.

La Storia: L'Associazione Sportiva Livorno Calcio, nata nel 1915 come Unione Sportiva Livorno, venne rifondata nel 1991 quando assunse la denominazione attuale. L' Unione Sportiva Livorno nacque il 14 febbraio 1915 dalla fusione delle due preesistenti realtà calcistiche cittadine, la Virtus Juventusque e la SPES Livorno. L'accordo di unione, voluto dai dirigenti di SPES e Virtus, venne però reso noto soltanto il 17 febbraio poiché si temeva il malcontento dei tifosi delle due compagini, divisi da un forte antagonismo. Il Livorno ebbe il suo battesimo calcistico a livello nazionale nella stagione 1919-20, quando sfiorò addirittura il titolo di Campione d'Italia: trascinati dai gol del giovanissimo Mario Magnozzi, gli amaranto vinsero infatti il campionato centro-sud battendo in finale la Fortitudo Roma per 3-2 e si qualificarono così alla finalissima contro l'Inter, vincitrice del campionato del nord, perdendo solo per 3-2 una partita disputata per la maggior parte in inferiorità numerica per un infortunio. Ai nastri di partenza del campionato di Serie A 1929-30, il primo della storia a girone unico, l'unica squadra toscana fu il Livorno, che conquistò una meritata salvezza. Gli anni successivi videro gli amaranto fare la spola tra la A e la B, alternando salvezze con più o meno affanni a retrocessioni presto rimediate con la risalita. La sospensione dei campionati a causa della guerra spezzò l'incantesimo e alla ripresa il Livorno si allontanò inesorabilmente dai vertici, fino alla retrocessione in B nella stagione 1948-49. Sarebbero passati 55 anni prima che gli amaranto facessero ritorno in Serie A. Nel corso degli anni cinquanta con la maglia amaranto fece il suo esordio il livornese Armando Picchi, futuro capitano e bandiera della Grande Inter. Picchi rimase 5 campionati a Livorno, dal 1954 al 1959, disputando 105 partite, prima di passare alla SPAL e poi all'Inter.
Questo periodo vide il Livorno retrocedere addirittura in Serie C per ben due volte, fino ad un più stabile ritorno in B al termine della stagione 1963-64, con la squadra allenata da Guido Mazzetti e trascinata dai gol di Virgili (ex centravanti della Fiorentina) e Mascalaito. Nella stagione 1971-72 il Livorno retrocesse di nuovo in Serie C ed entrò in una grave crisi finanziaria (culminata nel fallimento) che venne risolta con l'acquisizione della società da parte del petroliere Corasco Martelli, la cui presidenza segnò la storia del calcio labronico per un decennio. Nel 1982 si concluse l'era Martelli e nel 1983 la squadra retrocesse addirittura in Serie C2, per poi risalire immediatamente l'anno successivo quando, guidata da Renzo Melani, stravinse il campionato senza mai perdere e con sole 7 reti al passivo. Tra il 1985 e il 1988 indossò la maglia amaranto il giovane attaccante Igor Protti, destinato, in futuro, a scrivere pagine indelebili nella storia della società livornese.
Nel campionato 1989-90 gli amaranto, pur giocando in condizioni estreme (problemi economici e molte mensilità non pagate) si salvarono in extremis. Nel 1990-91 il sodalizio toscano tornò a chiamarsi Livorno dopo essere stato rilevato dal milanese Carlo Mantovani e sfiorò la Serie C1 trascinato dai gol di Michele Pisasale. Tuttavia in estate la Federazione estromise i labronici dalla Serie C2 per gravissimi problemi economici e la società, con la nuova denominazione di Associazione Sportiva Livorno Calcio, fu costretta a ripartire dal campionato di Eccellenza appena inaugurato, che vinse subito nettamente. L'accesso al Campionato Nazionale Dilettanti fu tra l'altro messo in discussione da un nuovo fallimento a fine campionato. Una stagione in Serie D precedette il ritorno dei toscani in C2 nello stesso 1993. L'imprenditore pavese Claudio Achilli infatti rilevò la società, che giunse al secondo posto del suo girone tra i Dilettanti, fornendo ottime carte per il ripescaggio in quarta serie che puntualmente avvenne, vista la lunga serie di fallimenti nelle categorie superiori.
Dopo il ripescaggio in C2, Achilli cercò subito di proseguire la scalata verso la C1, ma i primi anni furono carichi di cocenti delusioni. L'arrivo nel 1999 del presidente Aldo Spinelli costituì la svolta della storia recente della società, che in pochi anni passò dalle polveri della Serie C1 alle platee nazionali della  Serie A ed europee della Coppa UEFA. Il primo e fondamentale colpo di mercato del nuovo presidente fu quello di riportare in amaranto Igor Protti, già capocannoniere in Serie A col Bari (1995-96) ma da molti considerato ormai in parabola discendente (a torto, come i fatti dimostrarono).
La prima stagione fu di assestamento. Al secondo tentativo invece (2001-02) il Livorno di Jaconi fece centro, vincendo il campionato al termine di un'appassionante lotta con un indomito Spezia. Il ritorno in B vide il Livorno guidato da Roberto Donadoni, stanziare sorprendentemente nelle prime posizioni per tutta la prima parte della stagione. Un vistoso calo nel girone di ritorno fece però sfumare i sogni proibiti di promozione. Per il campionato di Serie B 2003-04 il Livorno venne affidato al giovane mister Walter Mazzarri. Due gli eventi chiave dell'estate che precedette il campionato: l'approdo in amaranto del bomber livornese Cristiano Lucarelli, dopo un lungo braccio di ferro con il Torino ed il ripensamento da parte di Igor Protti che si convinse a continuare l'avventura con il suo Livorno, dopo che in un primo momento aveva deciso di concludere la propria carriera. In un estenuante torneo a 24 squadre il Livorno disputò un discreto girone di andata, per poi emergere prepotentemente in quello di ritorno. Il Livorno chiuse terzo, alle spalle di Palermo e Cagliari. Stratosferica la coppia d'attacco Protti-Lucarelli (ben 53 gol in due), entrambi protagonisti di un'annata indimenticabile; importante anche il contributo del giovanissimo difensore Giorgio Chiellini.
Nella stagione 2006-07 il Livorno disputò il terzo campionato consecutivo in Serie A e, per la prima volta nella sua storia, la Coppa UEFA. L'estate del 2007 fu caratterizzata dalla partenza di Cristiano Lucarelli, ceduto allo Shakhtar Donetsk per 9 milioni di euro[ La stagione si conclude con la retrocessione.
La stagione seguente il Livorno riuscì a tornare in Serie A dopo un solo anno di cadetteria. La nuova stagione in Serie A vide il ritorno tra le file amaranto di Cristiano Lucarelli che con Tavano e Diamanti avrebbe dovuto comporre il tridente d'attacco livornese.
Negli ultimi giorni di mercato però il presidente Spinelli decise di cedere Diamanti alla squadra inglese del West Ham per circa 6,5 milioni di euro, sollevando accese polemiche da parte della tifoseria. Gli innesti del mercato di riparazione non furono tuttavia sufficienti a garantire nel girone di ritorno un rendimento tale da portare la squadra alla salvezza.
Al termine della stagione Aldo Spinelli mise in vendita il Livorno, ma, non riuscendo a trovare acquirenti adeguati, decise di proseguire alla guida della società. Venne stilato un piano triennale, basato sull'ingaggio di giovani promesse, sulla conferma di alcune pedine e su un deciso taglio del monte ingaggi.
Nella stagione seguente il Livorno il Livorno torna in Serie A dopo 3 stagioni. L'11 maggio 2014 la squadra retrocede in Serie B, e per la terza volta nella sua storia, conclude il campionato di A all'ultimo posto.
A un anno dal centenario, il 4 luglio 2014 Davide Nicola rassegna le dimissioni dalla guida del Livorno; gli subentra Carmine Gautieri che rimane in carica sino al 7 gennaio 2015 quando, con il Livorno quarto in classifica, gli subentra Ezio Gelain; quest'ultimo rimane in carica fino al 18 marzo 2015, quando è sostituito da Christian Panucci. E’ notizia di pochi giorni fa l’esonero di quest’ultimo a favore di Bortolo Mutti.

I Tifosi: Il primo movimento Ultras nella città dei Quattro Mori nasce negli anni Settanta, sotto il nome di “Ultras Livorno 1976”, seguito l'anno successivo dagli “Ultras Fossa 1977”. Negli anni nascono altri gruppi tra cui: “Magenta”, “Fedayn”, “Sbandati”, “Gruppo Autonomo”. Tutti questi grandi tifosi livornesi, nei primi mesi del 1999, finiranno per unirsi sotto un unico nome: “Brigate Autonome Livornesi”. Rimarranno solo due gruppi in curva Nord: le “Bal” e i “North Kaos”. Dal 2007 però, le “Bal” non esistono più: neanche in maniera “non ufficiale” (“Fino all'ultimo bandito” era lo striscione usato dallo stesse dopo l'auto-scioglimento) e la curva Livornese si è spaccata in due gruppi: “Vecchie Origini Livornesi 1915” e “Visitors 1312”. Dalla finale play-off c’è stato il ritorno di un gruppo del passato in Curva, i “Fedayn”.

Lo Stadio: Lo Stadio “Armando Picchi” è un impianto sportivo di Livorno e ospita le partite casalinghe del Livorno Calcio. La capienza totale è di 19.238 posti (la capienza scende a 14.752 posti nel caso di competizioni europee UEFA).
Nel settembre del 1932 la Società Sportiva Livorno bandisce un appalto concorso per la costruzione dello stadio cittadino: la zona viene individuata in un'area di espansione nei pressi dell'Accademia Navale, ai margini del quartiere Ardenza.
Alla fine del 1932 la commissione esaminatrice sceglie, tra i 13 progetti presentati, quello di Raffaello Brizzi e il 2 aprile dell'anno successivo, dopo che l'Amministrazione aveva provveduto alla rettifica e all'interramento del Rio Maggiore, vengono ufficialmente avviati i lavori.
Nell'autunno del 1933 il cantiere subisce una sosta, ma lo stadio viene comunque ufficialmente inaugurato incompleto ed intitolato ad Edda Ciano Mussolini. Nell'estate del 1934, grazie all'interessamento dell'Amministrazione Comunale che si assume l'onere della spesa di completamento, i lavori vengono ripresi e pochi mesi dopo conclusi. È la prima opera pubblica costruita in calcestruzzo armato a Livorno, sebbene un'analoga tecnologia fosse stata utilizzata già trent'anni prima in alcune parti dello stabilimento termale Acque della Salute.
Dal 1990 l'impianto è intitolato all'indimenticato campione livornese Armando Picchi, capitano della Grande Inter, prematuramente scomparso nel 1971.

La Città: Livorno è un comune italiano di 156.635 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Toscana. Tra tutte le città toscane è solitamente ritenuta la più moderna, sebbene nel suo territorio siano presenti diverse testimonianze storiche, artistiche e architettoniche sopravvissute ai massicci bombardamenti della seconda guerra mondiale. La città, notevolmente sviluppatasi dalla seconda metà del XVI secolo per volontà dei Medici prima e dei Lorena in seguito, fu importante porto franco frequentato da numerosi mercanti stranieri, sede di consolati e compagnie di navigazione. Ciò contribuì ad affermare, sin dalla fine del Cinquecento, i caratteri di città multietnica e multiculturale per eccellenza, dei quali, caso pressoché unico in Italia, sopravvivono importanti vestigia, quali chiese e cimiteri nazionali, palazzi, ville e opere di pubblica utilità indissolubilmente legate ai nomi delle importanti comunità straniere che frequentarono il porto franco fino alla seconda metà dell'Ottocento. Questa vocazione internazionale portò ad identificare la città come Leghorn nel Regno Unito e negli Stati Uniti d'America, Livourne in Francia, Liorna in Spagna ecc., analogamente alle più importanti capitali di stato dell'epoca. Livorno è sede dell'Accademia Navale, del quartier generale della Brigata paracadutisti “Folgore” e del Gruppo di intervento speciale; inoltre è una delle 15 direzioni marittime in cui è suddiviso il litorale italiano.
Dopo le distruzioni subite nel corso della seconda guerra mondiale e le successive mutilazioni inflitte alla città con la ricostruzione, Livorno ha perso gran parte del suo retaggio storico, anche se resistono vestigia delle sue varie fasi, soprattutto del periodo tardo barocco e neoclassico.
Il complesso nel quale è sostanzialmente racchiusa la storia della città è la cinquecentesca Fortezza Vecchia, al cui interno sono ancora individuabili insediamenti risalenti al passaggio dall'Età del bronzo all'Età del ferro, reperti di epoca etrusca e romana, nonché consistenti testimonianze del periodo medievale, come il torrione cilindrico e i resti delle fortificazioni pisane. Nell'area portuale non mancano poi vestigia dell'antico Porto Pisano, un tempo caratterizzato da numerosi torri, come il Fanale e quella, ormai ridotta ad un rudere, della Maltarchiata. In ogni caso, impianti medievali si riscontrano anche nella cappella di Santo Stefano ai Lupi, nella chiesa di San Martino di Salviano e nella Pieve di Limone.
Il Quattrocento, che segnò l'inizio del dominio fiorentino, coincise con la costruzione della Torre del Marzocco, nella cui architettura è possibile cogliere un riferimento alla Torre dei Venti di Atene. Tuttavia, fu solo sul finire del XVI secolo che il modesto insediamento livornese fu trasformato, per volere dei Medici, in una dinamica città portuale, caratterizzata da un impianto urbanistico regolare, chiuso entro un pentagono fortificato. Al contempo la promulgazione delle Leggi Livornine favorì il sorgere di numerosi luoghi di culto e cimiteri nazionali. Durante il periodo mediceo si ricordano, ad esempio, la Sinagoga, tra le maggiori d'Europa, la chiesa dei Greci Uniti, caratterizzata da una notevole iconostasi, la chiesa della Madonna, con gli altari di quattro gruppi nazionali, nonché quella armena, con cupola rivestita in lamine di piombo. Tra i cimiteri merita di essere ricordato il Cimitero degli Inglesi di via Verdi, che risulta il più antico cimitero acattolico-protestante d'Italia.

La Cucina: I piatti principali sono naturalmente a base di pesce e vedono un uso notevole del pomodoro, introdotto a Livorno dagli ebrei sefarditi; esempi tipici sono il baccalà alla livornese, le triglie alla livornese e il cacciucco, il piatto più famoso della città. Sempre a base di pesce numerosi altri piatti “minori”: oltre a vari altri modi di cucinare baccalà, stoccafisso e triglie, si ricordano piatti a base di cee (lo stadio larvale delle anguille), acciughe, sarde, tonno, palombo, bivalvi, crostacei, cefalopodi e pesci vari.
Di derivazione ebraica sono anche molti piatti tradizionali della vecchia cucina livornese, come il cuscussù, il pollo in galantina, le triglie alla mosaica, l'impannata di pesce, i carciofi ripieni, oltre a dolci come la cotognata, le roschette (portate dagli ebrei fuggiti dalla Spagna, ai tempi di Ferdinando d'Aragona e di Isabella di Castiglia) e le uova filate.
Ancora più caratteristici sono i piatti “poveri”, tanto che costituiscono una sorta di sottogenere della cucina livornese e che un tempo venivano consumati dallo strato più indigente della popolazione. Appartengono a questo sottogenere il bordatino, l'inno di Garibaldi, il picchiante con le patate, la francesina, il cavolo strascicato, la favetta, i fagioli con le cotenne, le boghe al pomodoro, gli zerri sotto il pesto, la minestra sulla palla, le acciughe alla povera, la salvia fritta, le patate rifatte e infine la minestra sui discorsi e il brodo di sassi, due piatti che si possono classificare come i più “poveri” di tutti.
All'estremo opposto si trovavano i piatti della cucina “ricca” dell'aristocrazia mercantile cittadina: il ragno alla Larderel, le ostriche alla livornese, il timballo di murena alla Pancaldi, le orate fredde all'Ardenza, il minestrone alla livornese.
Vi sono però anche piatti che ricorrono a elementi di “terra” (carne e verdure) e che naturalmente risentono della tradizione gastronomica di altre parti della Toscana: la torta di ceci, il castagnaccio, i batuffoli, pasta e ceci, la zuppa di verdure e fagioli, la panzanella, i carciofi ritti, l'agnello in fricassea, il riso con i fagioli rossi, la peperonata, le polpette alla livornese, la ricotta briaa, il 5 e 5 (un panino con torta di ceci).
Fra i dolci si ricordano anche la stiacciata alla livornese, la ciambella all'anice, le frittelle di farina dolce, il bollo, i frati e i chicchi di menta. Alcuni di questi sono in disuso come ad esempio i “chicchi di menta” o i “panini al ramerino”.
Molto spesso le specialità gastronomiche erano legate a festività religiose o laiche; infatti ogni piatto o dolce veniva preparato tradizionalmente per una particolare occasione. Ad esempio per le feste di Santa Caterina e di San Nicola veniva offerto il castagnaccio, per San Giuseppe le frittelle dolci di riso, per Santa Giulia le fragole e dal 1690 circa è invalso l'uso della schiacciata di Pasqua. A giugno per la fiera di Salviano si offrono i baccelli e in settembre, per la festa dalla Madonna, semi salati e lupini.
Infine due bevande tipiche, di forte grado alcolico: la persiana (a base di anice ed estratto di menta, quasi scomparsa) e il ponce. Quest'ultimo in particolare si dice sia stato conosciuto tramite la comunità anglosassone ed adattato al gusto locale. A base di caffè caldo viene servito corretto con rhum o limone con largo uso della fantasia popolare fino ad arrivare ad aggiungervi il pepe di Caienna; le numerose varianti conosciute sono al mandarino, corretto, testa di moro, torpedine, frustato, amabile, sotto zucchero.

Manuela Riboldazzi

 



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