DASPO: tutto ciò che c’è da sapere 3a parte
Di redazione vanovarava.it
Siamo giunti alla terza ed ultima parte del nostro editoriale alla conoscenza del DASPO, curata dall’Avv. Antonio Costa Barbè, legale molto conosciuto ed affermato in Novara. L’aspetto cui verrà dato rilievo questa volta, è legato ad alcune sentenze circa questo discusso provvedimento. Veniamo così a scoprire che anche un calciatore professionista può incorrere in questo tipo di provvedimento e che, lo stesso, per essere dichiarato valido (e applicabile a tutti gli effetti) deve rispettare tutte le condizioni previste dall’Ordinamento Giuridico italiano.
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La giurisprudenza amministrativa si è più volte pronunciata a secondo che il destinatario del DASPO sia una persona comune (es. tifoso “doc”) ovvero un calciatore. Possono qui elencarsi le principali massime di sicuro interesse pratico:
Il provvedimento del Questore che dispone il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive e prescrizioni di presentazione negli uffici di Polizia in occasione dello svolgimento di partite (DASPO), anche convalidato dal Giudice, è ineseguibile se generico e indeterminato (cfr. Trib Napoli, sez. XI, sent. 17/11/2011, n. 14278);
Ai sensi dell’art. 6, L. 13 dicembre 1989 n. 401 il divieto di accesso agli impianti sportivi (DASPO) può essere legittimamente imposto anche con riferimento ad episodi di violenza verificatisi durante l’allenamento di una squadra di calcio, partecipante alle competizioni previste dalle federazioni sportive e non solo durante le competizioni sportive (cfr. Cons. Stato, sent. 8/11/2011, n. 5886);
In tema di provvedimenti del Questore, concernenti il divieto di accedere agli impianti sportivi ove si svolgono manifestazioni sportive relative al calcio (DASPO), va dichiarato il difetto di giurisdizione con riguardo alla parte del decreto, con la quale viene prescritto al tifoso di una determinata squadra di calcio di comparire in Questura quindici minuti dopo l’inizio e quindici minuti prima del termine di ogni partita, giocata dalla predetta squadra nel Campionato nazionale e nelle Coppe nazionali e internazionali, escluse le partite amichevoli e fatte salve esigenze lavorative preventivamente segnalate e documentate. Si tratta, infatti, di una misura di prevenzione atipica, che limita la libertà personale, (v. art. 13 Cost.), soggetta alla convalida da parte dell'Autorità giudiziaria ordinaria (v. Cass., SS. UU., n. 44273/04; cfr. Corte Cost. nn.512/02, 136/98 e 193/96). Resta ferma, invece, l'impugnabilità dinanzi al T.A.R. del divieto di accesso ai luoghi ove si tengono manifestazioni sportive, quale espressione di un potere autoritativo che incide sulla libertà di circolazione (cfr. art. 16 Cost.). T.A.R. Venezia Veneto sez. III 07 luglio 2010 n. 2886;
La misura di prevenzione, consistente nel divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni agonistiche, non presuppone l’accertamento definitivo della responsabilità dell’incolpato (riservata alla sede penale e di merito), ma il mero “fumus” della stessa che, secondo le previsioni dell’art. 6 comma 1 L. n. 401/1989 cit., sussiste solo qualora l’Autorità di Polizia abbia, come nella fattispecie è avvenuto, proposto denuncia all’Autorità giudiziaria (cfr. TAR Napoli, Sez. V, 2/3/2007, n. 2826);
Il DASPO è applicabile anche al calciatore professionista. Il divieto di accedere agli stadi non incide sull’attività di giocatore professionista del ricorrente (cfr. TAR Lecce - Puglia, sez. I, sent. 22/8/2008, n. 9546);
Le sanzioni a riguardo devono essere sempre proporzionate, così che invero appare proporzionato per un calciatore il divieto per due anni di accedere agli impianti sportivi (v. Cons. Stato, sez. VI, sent. 26/5/2009, n. 2618).
Avv. Antonio Costa Barbé