Eppure gioia
Di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi
“Se penso che sono vivo anche in mezzo al casino
Se penso che da ieri sono ancora in piedi
Distendersi su un prato e respirare luce
Confondersi in un fiore e ritrovarsi a sentire la fatica delle salite
per apprezzare meglio quando saranno discese”
Oltre ad essere una canzone dei Modà sembra il ritornello giusto per noi che abbiamo potuto riposare una notte serena, con la speranza tangibile di un calcolo matematico che questa volta è dalla nostra. Il calcio è uno sport meravigliosamente meschino, non abbiamo ancora diritto di sentirci fuori dal pericolo, anzi… Stanotte tutti noi abbiamo dormito tranquilli perché - oltre ad essere passati gli effetti insonni dell’aurora boreale - ci siamo convinti dopo aver avuto l’ennesima dimostrazione in campo, che la nostra squadra non sta in piedi per miracolo ma per capacità, che nonostante assenze importanti non abbiamo dimostrato defezioni criticabili, che nonostante l’avversario ci abbia studiato nei minimi dettagli, sorprenderlo è “pane per i denti” di Gattuso, come un coniglio improvvisamente tirato fuori dal cilindro. Come quando lo spostamento di Urso da una fascia all’altra, poiché accerchiato costantemente da più avversari, ha permesso il nostro primo gol del match. Certo, non siamo esenti da errori come la nostra avversaria non è da prendere sotto gamba.
La grande vera differenza tra questa partita e le ultime è una sola: il VAR. Lo strumento tecnologico che permette di esaminare situazioni dubbie avvalendosi dei filmati per rivedere l’azione, fa conseguire anche il diverso atteggiamento dell’arbitro che ha gestito la gara in maniera professionale e corretta. È un po’ come quando noi insegnanti facciamo lezione con la presenza del dirigente in classe: le competenze rimangono le stesse, è vero, ma l’attenzione è notevolmente più attiva, il “problem solving” efficiente e l’agilità mentale girevole a 360 gradi.
Al contrario del buon dire comune, si è lavorativamente migliori perché l’errore o le sviste si possono vedere e rivedere, al vaglio di chi ha il “potere”. Il fallo di mano di Cremonesi, dopo uno scontro con Boccia, visibile e ovvio - nonché avvenuto davanti al guardalinee - è stato uno degli episodi messo al vaglio della tecnologia, nonostante appunto la chiarezza: assegnato poi dall’arbitro ha portato Bentivegna, freddo e lucido come un vero rigorista, a firmare la seconda rete. Ma quante volte le mani hanno sfiorato i nostri palloni senza aver meritato importanza? Quante volte la leggerezza di un arbitraggio mediocre, distratto o troppo buono, non aiutato da moviole tecnologiche ci ha portato a risultati immeritevoli, nervosismo in campo e la conseguenza della partecipazione ai play-out?
E se la verità dovrebbe essere come il caffè, forte e senza zucchero, il Novara FC non è una squadra che oggi è miracolata, né una squadra che fino a ieri non aveva ragione di essere.
È semplicemente una squadra che non ha avuto i meriti che avrebbe dovuto avere, spesso “punita” e giudicata ingiustamente, all’interno di - propri - limiti umani che continuano a essere superati. Tutto ciò che torna, compresi i trionfi, è perché merita di tornare, nella bellezza del proprio splendore.