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Un attimo ancora


Di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi

Che siamo gli artefici del nostro destino è una bellissima verità, specie se riguarda un’unica persona che sceglie quale percorso intraprendere per la propria esistenza. Un unico cervello che procede su una strada da esso decisa, senza dover patteggiare con i propri simili se non per contingenze sociali che viaggiano su strade contemporanee ma alternative. Il singolo fa i conti con gli imprevisti e li risolve senza bisogno di accreditarsi soluzioni di altri, così come sceglie quali percorsi da evitare e quali da calpestare.

Quando si tratta di una squadra, oltretutto sportiva e, quindi, un gruppo che non ha deciso di stare insieme ma si è trovato insieme per decisioni altre, il discorso è molto diverso. Diversamente da un singolo ma anche da una classe scolastica, ad esempio, messa insieme sulle basi di esigenze d’orario e di passaparola didattici, le caratteristiche fisiche, la personalità e le connotazioni mentali sono indispensabili nelle scelte del gruppo creato per un unico obiettivo di lavoro, a maggior ragione se sportivo. Il piede spesso si raddrizza mentre la testa è di più cocciuta invariabilità. Un esempio “fresco” è la squadra novarese dell’anno scorso, recidiva in molti dei componenti a rimanere immobile in campo ma, sulla carta, “stalloni” che non avrebbero deluso. E invece…

Indispensabile elevarsi quasi come alter ego e pensare idealmente ad un gruppo che possa lavorare insieme e mettersi al servizio di un progetto, per carattere e capacità di adattarsi, per intelligenza. Bocciati i narcisisti, gli egocentrici e gli individualisti, promossi quelli che fanno della loro ragione d’essere qualcosa che vada oltre il classico allenamento e l’ossessione del calcio, a favore di intese che possano oltrepassare quell’insieme di piccoli momenti infinitesimali che creano il destino. Malacreanza inutile, quella di chi sentenzia su ciò che ormai è passato, su ciò che è stato perso, su cosa sarebbe stato meglio accedesse in termini di punteggi, tattiche, calciomercato così come giustificare i limiti e gli errori, tramite una filosofia spicciola che decreta le colpe ad altri. Procuriamo piuttosto un buon silenzio che metta in luce ciò che spesso sfugge: la verità.

Il Novara non è una squadra che merita retrocessione e, a ben guardare, nemmeno le ultime posizioni in classifica. Tra i terremoti stagionali - cambio proprietà, allenatore, calciomercato - è una squadra che funziona, che si adatta e che riesce ancora a sorprendere pubblico e avversari. È una squadra dove chi sembrava messo lì “a caso”, quantomeno ha trovato modo di aiutare. È una squadra di giocatori dalle capacità di cambio di ruolo, di cambio di modulo in corsa, di cambio di nobili idee. È una squadra di giocatori che si ammaccano spesso per interventi poco gentili degli avversari, poco puniti a dispetto delle parole urlate in curva.

È una squadra di giocatori che dalla panchina stanno con il gruppo in campo e dalla tribuna tifano come fossero lì. È una squadra dove alcuni giocatori stanno volando, cucendosi con umiltà le proprie ali. Una squadra di duri e la mala suerte, se colpisce, sarà troppo debole per far così tanto male, come è stato fino adesso.

Più duri del diamante, per quell’attimo ancora.

Servizio di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi

 



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