1936: promozione programmata
Di Gianfranco Capra
Io allora non c’ero, ma mi hanno raccontato tutto i protagonisti di quell’indimenticabile stagione sportiva 1935-36. Il “leader” che organizzò il tutto fu un avvocato novarese, Luigi Bocca, che tecnicamente dirigeva la squadra azzurra da qualche stagione, coadiuvato da Luciano Marmo e Omodei-Zorini. Con un unico pensiero fisso: il ritorno in Serie A. Dopo l’amara retrocessione del 1929, dopo la costruzione del nuovo stadio di via Alcarotti (1931) e dopo la crescita di un gruppo di giovani novaresi costituiti dalla Sparta di Enrico Patti, era arrivato il tempo di “rivedere le stelle”...
Luigi Bocca, un pezzo alla volta, costruì quel Novara equilibratissimo, avvalendosi anche dell’esperienza portata in società nel 1934 (solo per sei mesi) da un allenatore ungherese di grande talento, il famoso Arpàd Weisz (nella foto a destra).
Nell’estate del 1934, Bocca aveva acquistato dal Como tre giocatori: il cannoniere Romano, il portiere Guarisco e il giovanissimo terzino Galimberti. In quella stagione 1934-35 (una sola promozione in ballo), il Novara allenato da Wesz prima e in seguito da Kutik sfiorò la Serie A, arrivando secondo dietro il favoritissimo Genoa. Intanto erano arrivati i giovani spartani Mornese, Caimo, Dondi; dal Casale il potente terzino Mazzucco; dall’Omegna un classico mediano, Manfredi; dal Carpignano il ventenne Paolino Piola, cugino primo di Silvio.
La squadra era pronta per l’assalto decisivo nel campionato 1935-36 con il nuovo allenatore, l’ungherese Beckey. Ma l’avvocato Bocca volle aggiungere due ritocchi importanti, l’acquisto della piccola mezzala di spola Mariani dal Vigevano e del mediano bresciano Frisoni, con l’intento di rinforzare il centrocampo.
Fu un campionato incertissimo con almeno quattro squadre favorite: Novara, Lucchese, Livorno e Messina. Ci furono cambiamenti in corso d’opera con la definitiva consacrazione del portiere Angelo Caimo di San Pietro Mosezzo e con la sostituzione di entrambi i terzini Mazzucco-Galimberti al posto di Miltone-Checco. E la conferma scontata dei novaresi storici quali Mornese, Bercellino, Versaldi, Rizzotti e naturalmente del comasco Marco Romano, implacabile cannoniere.
Un particolare da segnalare: in quella stagione, che fece impazzire i tifosi tornati ad affollare lo stadio “Littorio”, il Novara nelle diciassette partite casalinghe ottenne altrettante vittorie, segnando 45 gol e subendone soltanto 10. 17 partite, 34 punti sui 48 totali ottenuti.
Un dato che testimonia come per tutte le squadre fosse durissimo, se non quasi impossibile, fare punti in trasferta. Per motivi diversi: non c’era allora forza d’ordine (impegnata in problemi più importanti); gli arbitri viaggiavano in treno ed era necessario quindi ricorrere ai dirigenti della squadra di casa per il trasporto in stazione; il Novara come molte altre squadre disponeva di marcatori che oggi chiameremmo “killer”, come il terzino Dino Galimberti o il mediano Edmondo Mornese, senza dimenticare il forte portiere Angelo Caimo.
La formazione del Novara Calcio 1935-36: una delle più forti di tutti i tempi
Proprio Caimo, infatti, quando usciva dalla porta travolgeva tutti, compagni e avversari, disponendo di una personalità straordinaria nell’impressionare gli avversari. Non per caso finì poi all’Ambrosiana-Inter con Meazza, dove vinse uno Scudetto nel 1940 e ricevette anche una convocazione nella Nazionale cadetta.
Dino Galimberti, simpaticissimo fuori dal campo, sul terreno di gioco diventava una belva intrattabile. Marcava e spesso anticipava i suoi avversari con interventi acrobatici al limite della regolarità. Ogni tanto veniva espulso (una volta lo fu insieme a Piola, che allora militava nella Lazio).
Edmondo Mornese semplicemente era un “leader”. Centromediano metodista, era il regista della squadra, registrava la difesa e dava il via all’attacco. Sui calci d’angolo a sfavore invitava cortesemente gli avversari a restare lontani dall’area di rigore. Perché gli domandavano? “Qui a Novara abbiamo questa usanza”. E non lesinava salutari botte ai centravanti avversari, che spesso erano autentici campioni come Vinicio Viani, Bertoni, Costanzo, Angelini.
La formazione azzurra dell’anno successivo alla promozione in Serie A
In evidente contrasto con la difesa azzurra, completata da Mazzucco, Bercellino, Frisoni e Pellegatta, che definiamo benignamente “maschia”, in attacco il Novara disponeva di giocatori tutti molto tecnici. Come ali c’erano Paolino Piola, Dondi, Rizzotti; mezzali Mariani e il “classico” Versaldi; centravanti l’inarrivabile Marco Romano che in quella stagione fu autore di 31 gol, alcuni molto decisivi: per dire… un “poker” al Foggia, tripletta al Catania, doppiette ad Atalanta, Messina, Pistoiese, Vigevano, Viareggio, Pisa. E poi ciliegine sulla torta: il gol dell’1-0 casalingo sul Taranto (24 maggio) e quello super-decisivo per la promozione 1-0 a Pistoia segnato all’87' di gioco.
Quel gol di Marco Romano a Pistoia sancì la promozione in Serie A del Novara alla pari con la Lucchese, beffando il Livorno di un punto. E contemporaneamente condannava la Pistoiese alla Serie C. Ci furono molto favorevoli anche le vittorie in trasferta “a tavolino” per gravi incidenti accaduti a Bergamo e a Modena, quando eravamo comunque in vantaggio di gol.
Probabilmente quel Novara 1935-36 viene considerato ancora oggi il più forte di tutti i tempi, alla pari con lo squadrone di Piola che concluse all’ottavo posto la Serie A 1951-52 e con le due recenti squadre di Attilio Tesser, protagoniste di due promozioni consecutive.
Gianfranco Capra