Come tu mi guardi
Di Alice Previtali
Il bel Davide Riccardi durante la sua presentazione al “Piola” mi ha spinto ad una riflessione conseguente ad una sua frase: “Gli stimoli arrivano molto dall’esterno, tanto dipende anche da chi ti guarda fuori”. Il discorso verteva sulla differenza, a parere del neo-difensore azzurro, tra i gironi della Serie C dove al Sud “Sono piazze esigenti che ti mettono sotto pressione” a differenza di quelle del Nord Italia, più morbide e democratiche.
Dalla sua riflessione mi viene facile formulare una domanda: se è vero che gli stimoli arrivano da fuori e che possono essere determinanti nella condizione di gioco, vuol dire che a giocare bene è soltanto chi ha una vita (o un modo di viverla) serena? Oppure solo quelli che sono guardati da occhi ammirevoli o che hanno aspettative sane nei loro confronti? Che credono in loro?
Se così fosse, ovvero se la vita privata di ognuno di noi condiziona le nostre prestazioni lavorative in maniera così netta, significa che giocare bene non è solo una cosa a cui si pensa - e che si decide - ma anche una condizione in cui si dimora. Come se, in aggiunta alla qualifica, servissero e fossero di taluna importanza le connessioni come meridiano di Greenwich morale, lo Zenit emotivo, l’Alpha e l’Omega relazionali. L’esempio più fresco in campo è Álvaro Morata, che reduce da una separazione coniugale entra a San Siro per la prima volta con la maglia del Milan in occasione del trofeo “Berlusconi”, un ingresso - a detta di più conoscenze presenti sugli spalti - mediocre e cupo, quasi svuotato e privo degli stimoli necessari, un biglietto da visita che non ha entusiasmato troppo i rossoneri.
In ognuno di noi è visibile l’edificio e non l’architetto: vediamo il gioco e l’impresa ma non il connubio di condizioni e connessioni che l’hanno reso possibile e che spesso vantano di spronare energie nascoste che portano ai migliori risultati. Occhi aperti per gli eroi ma nascosti rimangono i mentori, siano essi allenatore, moglie, amante oppure un libro, un motto, un sogno da raggiungere.
Riccardi conclude ponendo comunque il libero arbitrio in prima linea: “Ognuno di noi deve trovare gli stimoli dentro di sé e cercare di portarli in campo”, poiché la sensazione di essersi riempiti la pancia è qualcosa di puramente individuale ma rovesciare le sorti, riportare la serenità dopo il caos, ristabilire il giusto ordine delle cose… non sono imprese semplici e forse, per riuscirci, servono davvero altri due occhi, capaci di guardare a fondo.