Una “cosa bellissima”
Di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi
È un clima estivo quello del sabato in provincia e che spinge a ragionare in modo primaverile. I sorrisi spuntano più serenamente nei passanti, i bar sono pieni di gente seduta nei tavolini fuori, nei negozi l’outfit viene bellamente sostituito con rosa, azzurro, fiori e costumi. La giornata ideale per fare un giro in centro e, dopo un sano shopping e uno spritz rinfrescante, giungere al “Piola” prima dell’apertura dei cancelli, giusto per essere certi di non perdersi nulla per la penultima volta “regolare” qui. Oggi sono in buona compagnia: la collega Chiara e l’alunna Dorotea, con il suo papà e mia mamma che, non so per quale strano sentore, ha voluto accettare l’invito dell’abbonato marito e accompagnarlo per la prima volta allo stadio novarese.
E poi inizia la partita. Subito un Novara scalpitante che convince di non avere ciò che meriterebbe, motivo di preoccupazione per gli avversari, fisicamente preponderanti. Un Novara che imbambola dettando ritmo, gioco e carisma. Un Novara che, anche chi non avrebbe mai pensato di poterlo tifare, è in piedi che esulta quando Bentivegna non sbaglia il rigore. Le scolaresche in tribuna fanno lo stesso casino degli ultrà, tutto lo stadio dimostra quanto spesso il calcio sia ingiusto soprattutto per gli infortunati in tribuna dietro di noi: Lancini, Kerrigan, Scappini, Donadio (e Boscolo Palo). Non ci sono solo 11 ragazzi in campo, siamo tutti dentro, certi che manca un niente per svoltare la giornata e, oggi, è come se ne fossimo consapevoli. Intanto Ongaro è spericolato come non mai e nulla si gli può recriminare: rimane un’attaccante che non riesce a finalizzare il gioco ma il suo impegno, le sue cavalcate e anche la sua frustrazione, non possono non far provare affetto nei suoi confronti e allora il tifo aumenta, allora siamo qui a dargli voce, a sostenerlo, certi che sia a un passo da quel momento che ci farebbe volare. Ma non oggi, oggi arriva Oliver, che pochi giorni fa era nelle nostre classi a Borgomanero e Dorotea se lo ricorda bene, proprio lei gli ha chiesto se fosse sposato mentre, ora, non firma le cartoline che lo ritraggono ma il secondo meraviglioso (e meritato) gol della sua squadra, con il suo sinistro che fa entrare il pallone nell’angolo della porta. Dorotea sorride e applaude, ora si è sciolta anche la mia collega Chiara, mentre mia mamma si è arrabbiata con un avversario che strattona uno dei nostri per la maglietta.
Abbiamo vinto. E abbiamo vinto lasciando la nostra porta illibata, grazie all’intervento alla “Iron Man” di Bonaccorsi proprio negli ultimi minuti, quelli che per noi sono sempre stati i più pericolosi. Un sabato pieno di emozioni e momenti da raccontare e da ricordare, che ci lascia la quiete sensazione di essere felicemente a galla e, mentre Dorotea dice che “È stata una cosa bellissima”, siamo sicuri che se dovesse segnare Ongaro lo sarebbe ancora di più.
Riempitevi di “cose bellissime”,
portate i nonni allo stadio
e fate felici i bambini.
Ve ne saranno grati.