Tra uomini e “quaquaraqua”
Di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi
Paradossale come il giorno dopo di una lodevole partita dibattuta dal Novara FC contro la capolista, nonché squadra più forte del campionato del Girone A, l’argomento principale trattato dal popolo tifoso - pure da me - sia di quanta materia grigia sia fatto Francesco Galuppini, fino all’anno scorso considerato un “dio azzurro”, idolatrato spesso in maniera indirettamente proporzionale non solo alla sostanza morale di cui è poco composto, ma anche al suo talento. Personaggio che continuerà ad essere popolare finché parola su di lui verrà fatta, a dimostrazione di quanto sia più facile dare importanza ad uno scrigno di vanesie provocazioni di poco spessore che possono tranquillamente finire in vapore, oltre che essere giustamente punite arbitrariamente come è successo ieri. Chi mi segue sa bene quanta poca simpatia nutro nei suoi confronti, nonostante il premio di miglior marcatore azzurro e quanta “colpa” gli abbia dato per aver remato, probabilmente anche inconsapevolmente, contro la costruzione di “un gruppo non gruppo” come quello dello scorso Marchionni, argomento che ho trattato in più occasioni l’anno passato. Come sempre al contrario dell’opinione pubblica, l’ho sempre considerato un buon giocatore tanto quanto considero Mourinho un buon allenatore, il gol che esce tra uno sbuffo e un insulto non è un gol, è una presa in giro. Felice di averlo come ex e determinata a trattarlo come tale, è difficile non parlarne ma poche righe bastano per risolvere un fastidio che per fortuna ora è altro da noi e che passa scrivendolo.
Non permetto che un farfallone del genere possa intaccare l’elogio che la mia squadra merita dopo la partita di ieri. È stata una domenica quasi perfetta nonostante il carico emotivo con cui siamo scesi in campo tutti insieme ai nostri calciatori. Partendo dal numero di tifosi del Mantova, dai cori che hanno oltrepassato i decibel novaresi, le sciarpe biancorosse mostrate senza timore e una squadra forte, ben allenata, la prima in classifica che vola verso un sogno che fino all’anno scorso sembrava lontanissimo. La nostra squadra si è schierata in campo con un modulo diverso a sopperire la mancanza di Calcagni alla quale si somma un’uscita di Kerrigan nel secondo tempo, probabilmente non solo a causa del cartellino giallo quanto piuttosto allo stato di forma non perfetta, un ingresso di Scappini a sostituzione di un Corti sfinito e lodevole, a dimostrazione che il concetto di “giocarcela fino alla fine” è più tangibile dell’eccellenza sportiva di Galuppini.
Se il Mantova ha dominato il gioco in campo, senza scagliare però la lama tagliente che ci aspettavamo e che temevamo, quella che doveva dimostrare il loro essere primi, la testa e l’atteggiamento del Novara sono stati a loro di gran lunga superiori.
Un connubio di scelte, motivazioni, sinergie a riempire il cuore dei tifosi e l’orgoglio di aver guadagnato non solo un pareggio contro l’apoteosi del girone, ma un punto morale soprattutto in virtù del percorso che stiamo facendo: sappiamo esattamente dove e come siamo partiti e dove e come siamo arrivati fino ad ora, senza mettere ancora la parola “fine” e senza aver mai avuto paura del buio. A ribaltare la classifica ci vuole poco ma a ribaltare una situazione che ci dichiarava spacciati agli occhi di tutti ci vuole intelligenza, maturità e sicurezza oltre che testosterone e virilità, tutte caratteristiche che un “quaquaraqua” si sogna, sempre che sappia farlo.