Quando il calcio si fa melodramma
Di Alice Previtali
Che non sempre i giudici di gara siano in grado di far rispettare il regolamento calcistico non è una novità. Il manuale del buon calcio ha in sé, sotto diverse voci, le punizioni adeguate e gli strumenti necessari per combattere tutto ciò che non rispetta le regole sportive, azioni che generalmente non c’entrano con il gioco quanto con i dispetti, l’ira, la rabbia. Azioni che con metodi non ortodossi e antisportivi cercano di rallentare o bloccare il momento magico degli avversari, per trarre beneficio per la propria squadra.
Mi viene da scrivere, proprio dopo la partita di domenica, di come potrebbe essere bello un arbitraggio autorevole. Immaginarlo, ad esempio, quando vede un calciatore fare un volo d’angelo, spinto come dall’invisibile sfera magica di Dagon Ball - che si sa, colpisce così forte e improvvisamente che l’urlo disumano della vittima diventa indimenticabile - andare minaccioso verso l’attore melodrammatico sfoderando un cartellino che indica la fine della tolleranza, la fine della presa in giro, la fine della dignità dello stesso colpito e ferito dall’aria. Bello sarebbe se l’arbitro, insieme al fischietto, mostrasse il cartellino colore del cuore, della passione, del sangue. Ebbene sì, senza pietà.
Perché questi prevedibili, fastidiosi e ridicoli piagnistei finti, che Mario Merola probabilmente avrebbe utilizzato nelle sceneggiature delle sue opere partenopee, oltre ad essere sensibilmente un “biglietto da visita” sulla virilità del giocatore in questione - che c’avrai pure i deltoidi ma queste scene te li sgonfiano istantaneamente, soprattutto agli occhi di noi attentissime femmine - sono lo status symbol dell’antisportività.
Facciamo tanta propaganda sul comportamento corretto in curva o in tribuna, puniamo giustamente l’intera società per offensive verbali, lottiamo anche politicamente a favore della sportività e del fair-play, dimenticandoci però che anche in campo ci vuole un battito di ciglia a far trasformare una simulazione in odio.
L’atmosfera nervosa di domenica l’ha ben dimostrato, ancora… Dragon Ball, soprattutto sulla fascia destra, ha colpito più di una volta i lombardi. E come fai a non arrabbiarti? Tu, ultimo in classifica, con una sfiga colossale, una società che non si sa di chi sia, una squadra considerata inetta e con una gran voglia di cambiare il destino… E tu, come fai a volare davanti ad una tribuna di 2.000 persone sperando di aver ragione? A casa di ospiti, sotto occhi vigili più dell’arbitro.
Alla prima espulsione lo scenario cambierebbe e gli altri ci penserebbero un attimo in più, a ricordarsi che questo non è il gioco del calcio ma solo ed esclusivamente teatro melodrammatico, così come dovrebbero essere punite le perdite di tempo che vengono certo recuperate ma non dimentichiamoci che i minuti in più, giocando una o due volte la settimana come in un campionato classico, potrebbero incidere sulla condizione fisica o, peggio, sugli infortuni. Punite anche le passeggiate con i palloni portati sottobraccio tipo baguette (un pane qualsiasi, no?), il tirarsi su i calzettoni a modi parigine (eh...) prima di tirare. Ci stanno i gesti rudi ma innocui (per la partita stessa) durante la gara, ma l’impunibilità di fronte a scene che dovrebbero invece mostrare la colpa e la “condanna” in maniera definita ed esemplare così da essere l’esempio dissuasivo per tutti, beh… forse non è discorso da fare ad un arbitro che annulla un gol senza alcun tipo di giustificazione. E scuse.
Se Rossetti, per la legge dell’abitudine, non avesse centrato la porta, forse avremmo potuto dimostrare che le sfere infuocate di Dragon Ball esistono sul serio.
Ma che te lo dico a fa’.