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Usami, straziami, strappami l’anima


Di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi

Una scena già vista. Una scena ripetuta. Un allenatore che, a capo chino, è costretto a salutare ciò che era suo fino ad una manciata di ore prima. Un allenatore che è la prima figura ad essere accusata in caso di sconfitte e l’ultima ad essere ringraziata in caso di vittoria. Duro lavoro. Usami, straziami, strappami l’anima.

Addomesticare una classe che non scegli, o che scegli solo in parte, è sempre un compito difficile e i risultati ti giudicano come coltelli affilati allo stomaco se negativi e come “tuo dovere” se positivi. Eppure la tua vocazione è proprio questa, cercare l’incastro delle alchimie migliori, che se portate ad una combo in cui tutte le condizioni sono funzionali porta a risultati soddisfacenti, anche se sui soggetti non avresti mai scommesso. Lo sai, ma scegli comunque di essere mister e non di una squadra qualsiasi, ma di quella che è stata tua. Lo sai anche di come verrai accolto, di quanto affetto avrai intorno che ti annebbia la lucidità della percezione dell’elevatissima difficoltà, un percorso solo per folli, solo per coraggiosi, solo per chi ha il cuore che batte d’azzurro. Eppure ci si crede, ci credono in te dimenticandosi che il passato non torna e che quelle emozioni lì sono finite, consumate, un mero ricordo. Che fare il calciatore è una cosa, allenare tutt’altra. Parla in fretta e non pensar, se quel che dici può far male, perché mai io dovrei fingere di essere fragile.

Ci hai messo l’anima Buba, ci hai provato, hai provato nuove idee, cercavi alchimie, volevi raddrizzare quei piedi che sai essere raddrizzabili, ma non così facilmente. Non c’è tempo, siamo in Serie C e tu sei già durato abbastanza. Sei uscito dal campo a testa bassa, anche se la decisione sarebbe arrivata il giorno dopo, lo sapevi, lo sapevamo tutti. Hai chiesto scusa ai tifosi, dicendo di essere in debito per aver anche sporcato il ricordo dei tuoi anni migliori. Tanto non cambia l’idea che ormai ho di te.

La domanda non è se tu abbia sbagliato per la tua poca esperienza, per la confusione che potevi avere, perché ci sono troppi giovani o perché i capitani “non fanno sangue”. La domanda è una risposta arrivata il pomeriggio stesso della disfatta al “Piola”. Tu saresti stato accolto con occhi abbagliati e appannati, scelta amorevole da parte di un presidente che ragiona col cuore di provincia, con cuore azzurro di città. Strategicamente però. Perché tra il dire e l’amore c’è una stretta di mano che certifica patti, negati al pubblico, o quanto meno tergiversati. Un pubblico abbagliato da Buba. E dimmi ancora quanto pesa la tua maschera di cera, tanto poi tu lo sai, si scioglierà come fosse neve al sol.

Ed ora aleggia un grigiore della “bassa” in una giostra di rendimento e di prese in giro che tormenta il fegato. Le sconfitte hanno tolto la fame a molti, ma la cosa che fa più male è che ora è la maggioranza ad essere disillusa. Eppure io mi sono portata a casa un’immagine umana, dopo tutto questo trenino di insofferenza societaria. Un Corti che si dispera in campo per aver imbeccato la traversa come ultima possibilità… non tanto di pareggiare, quanto di far rimanere negli spogliatoi mister Buzzegoli e questo significa solo una cosa: Buba verrà ricordato comunque con rispetto e la “mediocrità” che tanto accusate di esserci non la vedo più in campo, ma ben più in alto. Mentre tutto scorre.

Partiamo da qui. Ricominciamo da qui. E basta amare le idee, amate chi fa.

Sparami addosso, bersaglio mancato. Provaci ancora, è un campo minato. Quello che resta del nostro passato, non rinnegarlo è sempre sprecato. Macchie indelebili, coprirle è reato. Scagli la pietra chi è senza peccato, scagliala tu perché tutto ho sbagliato.

(Cit. “Mentre tutto scorre”, Negramaro)

Servizio di Alice Previtali
Foto © Guido Leonardi

 



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